Visione

Indices Insights: Nella classifica dei rendimenti, i premi fattoriali hanno spesso la meglio

Le ricerche dimostrano che alcuni segmenti di mercato, come le società sottovalutate o di alta qualità, producono regolarmente rendimenti più elevati. Ma qual è la performance registrata nel tempo da fattori come Value o Quality? In questo Indices Insights, daremo la parola ai dati e faremo luce su come questi fattori si posizionano rispetto ai loro opposti. Allerta spoiler: anche se i loro rendimenti possono rivelarsi estremamente volatili, i fattori spesso tagliano il traguardo prima dei loro opposti.

Relatori

    PhD, Head of Sustainable Index Solutions
    Researcher

Gli studi passati rivelano l’esistenza di una serie di premi fattoriali che vanno oltre il semplice premio azionario. Si parla, nello specifico, di un premio value (o legato al valore), di un premio legato al momentum, di un premio legato alla qualità, di un premio legato al fattore “low risk” o di un premio legato alle dimensioni (o alle small cap).

Soffermiamoci brevemente su ognuno di questi fattori. Puntare sull’effetto value è come sostenere il concorrente sfavorito. I titoli che sembrano sottovalutati o a buon mercato, ad esempio in base al rapporto book-to-price (valore contabile/prezzo), tendono a sovraperformare i loro opposti più costosi (growth).1 L’effetto momentum, invece, consiste nello scommettere su un cavallo vincente. Le azioni che di recente hanno evidenziato buone performance (vincenti), hanno maggiori chance rispetto ai titoli più deludenti (perdenti) di continuare a fare bene.2

C’è poi l’effetto qualità, che consiste nel puntare sulle aziende più solide. I titoli di società caratterizzate da un’elevata redditività e bassi investimenti (alta qualità) di solito battono quelli che evidenziano una redditività contenuta e investimenti elevati (bassa qualità o “spazzatura”)3. L’effetto “low risk”4 è la versione finanziaria del detto “chi va piano va sano e va lontano”. I titoli a basso rischio hanno il dono di offrire rendimenti corretti per il rischio superiori a quelli dei titoli ad alto rischio. Infine, l’effetto dimensioni, sebbene meno evidente degli altri, mostra che i titoli di small cap tendono spesso a sovraperformare le azioni di società ad alta capitalizzazione.5

Benché le loro definizioni esatte6 siano oggetto di qualche dibattito, l’esistenza di questi premi fattoriali è dimostrata da prove riferite a periodi piuttosto lunghi. Tra queste figurano dati statunitensi risalenti agli anni ’60 o addirittura agli anni ’20 del secolo scorso, e dati internazionali risalenti agli anni ’90. Nell’elemento visivo in basso, ci atteniamo a definizioni generiche7 e facciamo riferimento ai dati relativi ai rendimenti delle azioni statunitensi.

Dalla nostra analisi emerge chiaramente che, dal 1967, la maggior parte dei fattori ha regolarmente sovraperformato il proprio opposto in quasi tutti i periodi di tre anni. Ciò è dimostrato dal fatto che, nella maggior parte del tempo, la maggioranza dei fattori (siano essi tre, quattro o tutti e cinque) ha prodotto un rendimento superiore a quello della propria alternativa. Questo non vuol dire, però, che i fattori evidenzino sempre un andamento regolare. A volte possono sottoperformare, come durante il boom delle dotcom, quando le azioni growth del settore informatico hanno superato i titoli value di imprese più convenzionali. Anche in tempi più recenti, tra il 2017 e il 2020, diversi fattori hanno segnato il passo rispetto agli opposti su un periodo di tre anni. Tuttavia, i fattori tendono spesso a recuperare quota velocemente, proprio come hanno fatto dal 2021 in poi.

Dati e metodologia

L’elemento visivo di questo articolo si basa sui rendimenti mensili delle azioni statunitensi, gentilmente forniti dal professor Kenneth French.8 I nostri risultati sono basati su portafogli ordinati in base ai quintili di capitalizzazione di mercato e ad altri quintili, che considerano il rapporto book-to-price (value vs. growth); il rendimento nei dodici mesi precedenti, escluso l’ultimo mese (vincitori vs. perdenti); il beta di mercato univariato nei cinque anni precedenti (basso beta vs. alto beta); la redditività operativa (alta redditività vs. bassa redditività), o la variazione degli asset negli ultimi due esercizi (investimenti contenuti vs. investimenti elevati). Calcoliamo quindi la media del primo e dell’ultimo quintile di tutti i gruppi per determinare i fattori finali e i loro opposti.

Ad esempio, il fattore value si basa sulla media dei cinque portafogli ordinati in base alle dimensioni con il rapporto book-to-market più elevato. Analogamente, per l’opposto fattore growth, calcoliamo la media dei cinque portafogli ordinati in base alle dimensioni con il rapporto book-to-market più basso. La stessa procedura viene ripetuta per gli altri fattori e i loro opposti. Ad esempio, determiniamo il fattore alta qualità e l’opposto fattore bassa qualità calcolando una media equiponderata, rispettivamente, dei risultanti portafogli ad alta redditività e bassi investimenti e di quelli a bassa redditività e alti investimenti. Il fattore small cap si basa sul quintile di capitalizzazione di mercato più basso e il suo opposto large cap sul quintile di capitalizzazione di mercato più alto.

In questa analisi utilizziamo i rendimenti geometrici su tre anni mobili annualizzati, espressi in USD, rilevati da gennaio 1969 a marzo 2023.

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Conclusione

L’esistenza dei premi fattoriali è dimostrata dai fatti. La nostra analisi rivela che, nonostante gli alti e bassi registrati in un periodo di tre anni, i premi fattoriali hanno spesso la meglio.

Fonti delle immagini nell’elemento visivo, in ordine di apparizione:

AP Photo/Horst Faas (CC BY 2.0), Library of Congress/Thomas J. O’Halloran (Wikimedia Commons), White House Photographic Collection (Wikimedia Commons), Library of Congress/Bernard Gotfryd (public domain), Unsplash/Jose Francisco Fernandez Saura (public domain), Library of Congress/Carol Highsmith (dominio pubblico), Unsplash/Breno Assis (dominio pubblico), Urban~commonswiki (Wikimedia Commons), InvadingInvader (Wikimedia Commons), Unsplash/Markus Spiske (dominio pubblico), Pexels/Mathias Reding (dominio pubblico).

 Note in calce

1 Cfr. ad es. Fama, E. F., e French, K. R. (1992). The cross‐section of expected stock returns. Journal of Finance, 47(2), pp. 427-465.
2 Cfr. ad es. Jegadeesh, N., e Titman, S. (1993). Returns to buying winners and selling losers: Implications for stock market efficiency. Journal of Finance 48(1), pp. 65-91.
3 Cfr. ad es. Fama, E. F., e French, K. R. (2015). A five-factor asset pricing model. Journal of Financial Economics 116(1), pp. 1-22.
4 Cfr. ad es. Black, F., Jensen, M.C., e Scholes, M. (1972), The capital asset pricing model: some empirical tests. Studies in the Theory of Capital Markets, Praeger. Oppure, più recentemente, Blitz, D.C., e van Vliet, P. (2007), The volatility effect. Journal of Portfolio Management, 34(1), pp. 102-113.
5 Cfr. ad es. Banz, R.W. (1981), The relationship between return and market value of common stocks. Journal of Financial Economics, 9(1), pp. 3-18.
6 Per una panoramica sulle diverse definizioni di qualità utilizzate, cfr. ad esempio Kyosev, G., Hanauer, M.X., Huij, J. e Lansdorp, S. (2020), Does earnings growth drive the quality premium? Journal of Banking and Finance, 114, 105785.
7Esula dallo scopo di questo Indices Insights discutere quale sia la migliore definizione di ciascun fattore o il miglior modo di implementare le strategie fattoriali nella pratica. Per il lettore interessato, abbiamo molte ricerche in materia disponibili su richiesta.
8 Cfr. https://mba.tuck.dartmouth.edu/pages/faculty/ken.french/data_library.html

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