20-09-2022 · Visione

Fixed Income Outlook: Twin peaks: un duplice picco

Negli ultimi 50 anni ogni singolo picco recessivo degli spread creditizi è stato preceduto da un picco dei rendimenti dei titoli di Stato. Riteniamo che questa volta non sarà diverso.

    Relatori

  • Michiel de Bruin - Head of Global Macro and Portfolio Manager

    Michiel de Bruin

    Head of Global Macro and Portfolio Manager

  • Bob Stoutjesdijk - Portfolio Manager and Strategist

    Bob Stoutjesdijk

    Portfolio Manager and Strategist

La stretta si intensifica

Per tutto il 2022 ci siamo concentrati sull’inasprimento della politica monetaria esaminando il dilemma delle banche centrali (in “Czech mate”) e la loro successiva decisione di dare priorità alla lotta all’inflazione (in “The inflation game”). In vista del 2023, i temi non solo non sono cambiati, ma si sono addirittura intensificati. Il consensus si aspettava che la Fed avrebbe terminato il ciclo di inasprimento in autunno, ma questa speranza è stata stroncata dal presidente della Fed, Jerome Powell, a Jackson Hole.

Analogamente, la speranza che la BCE proseguisse il suo “graduale cambio di passo” è stata bruscamente infranta dalla svolta restrittiva di Christine Lagarde a settembre. Le speranze di una possibile moderazione dell’inflazione sono state smentite dall’elevato livello del CPI statunitense di agosto. Le speranze di un graduale raffreddamento dei mercati del lavoro che lasci presagire un atterraggio morbido, auspicato da molti operatori di mercato, appaiono decisamente ottimistiche: gli ultimi 16 dati mensili relativi all’occupazione non agricola hanno superato tutti il livello di 290.000, con una media di quasi 400.000 negli ultimi tre mesi.

Quanto più alte sono le cifre dell’inflazione, dei salari o dell’occupazione, tanto più le banche centrali dovranno alzare i tassi a livelli tali da indurre una recessione. Un indebolimento dei dati suggerirebbe una tendenza verso una fase recessiva, un loro rafforzamento la necessità di ulteriori rialzi dei tassi. In un contesto in cui le banche centrali sembrano intenzionate a vincere a qualsiasi costo, finché l’inflazione non sarà stata domata le possibilità di un atterraggio morbido appaiono esigue.

L’inasprimento della politica monetaria, ovviamente, non ha solo conseguenze economiche. Per i mercati, l’innalzamento dei tassi in territorio restrittivo – con rialzi di 75 punti base, anche nell’Eurozona – comporta un inasprimento delle condizioni finanziarie. Al contempo il quantitative tightening è destinato ad accelerare, accentuando ulteriormente la volatilità di mercato. Come posizionarsi dunque in questo contesto?

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La strategia dei tassi

Per quanto riguarda le curve dei rendimenti, il quadro macroeconomico e politico si traduce in una continua pressione al rialzo sui rendimenti a breve termine. La curva dei rendimenti in EUR ha iniziato ad appiattirsi in modo aggressivo, una mossa che aspettavamo dall’inizio dell’anno. La curva swap in EUR sul tratto tra 2 e 10 anni è ora invertita, in linea con quanto accaduto alla curva SONIA in GBP, ai tassi coreani e ai Treasury USA, in una tendenza sempre più ampia di appiattimento delle curve a livello globale che si è manifestata per la prima volta nella Repubblica Ceca già nel primo trimestre.

Tuttavia, col passare del tempo, questi movimenti verso l’appiattimento e l’inversione delle curve raggiungeranno probabilmente un punto di svolta. Persino nelle quattro recessioni del periodo 1968-82 i rendimenti obbligazionari sono diminuiti notevolmente. Entro marzo 2023, sulla base delle quotazioni attuali, le variazioni anno su anno dei prezzi del petrolio saranno negative. Anche i mercati delle commodity mostrano segni di cedimento: il rame, il legname e varie materie prime cicliche hanno subito pesanti ribassi su base annua a causa del deterioramento delle prospettive di crescita.

Negli Stati Uniti l’inflazione complessiva sta già rallentando. Tuttavia, l’aumento di vari indicatori di base (tra cui gli affitti e i salari) indica che la stretta monetaria è destinata a proseguire nel breve termine.

Mentre ci avviamo verso quella che sembra una svolta del mercato dei tassi e verso un deciso miglioramento delle prospettive di performance obbligazionaria durante la recessione, consideriamo tre test per la duration. Per quanto concerne la costruzione del portafoglio, continuiamo a operare una distinzione tra i meriti delle strategie incentrate sulle curve dei rendimenti e quelle basate sulla duration.

Curve dei rendimenti e duration: strategie a confronto

Come abbiamo detto altre volte, affinché le posizioni di notevole entità sulla duration si rivelino redditizie, bisogna indovinare due cose: le prospettive di crescita cicliche e le prospettive d’inflazione secolari. Per le strategie incentrate sulle curve dei rendimenti, invece, basta azzeccare le prospettive cicliche (perché su gran parte della curva dei rendimenti sono presenti premi per l’inflazione e i livelli secolari dei tassi e dell’inflazione sono comunque in qualche modo incorporati nei tassi ufficiali). Crediamo che nei dati ci sia molta più visibilità sulle prospettive di crescita cicliche che sulle prospettive d’inflazione secolari.

Su quest’ultimo punto, molte domande rimangono ancora senza risposta: gli aumenti dei salari produrranno effetti di secondo ordine (si veda il recente accordo con i ferrovieri olandesi per un aumento salariale del 9,25%) o l’erosione della domanda condurrà a un brusco calo dei prezzi (si veda la flessione del 30% dei prezzi del petrolio da marzo)? Quale delle due forze sarà preponderante? Scommettere su questo dibattito incerto ci sembra un modo inopportuno di gestire i fondi dei clienti, perché il rischio è ancora in qualche modo simmetrico. Secondo alcuni calcoli, il 2022 è già l’anno peggiore in termini di rendimento totale del reddito fisso dal 1788.

Tuttavia, puntare su una continuazione dei trend della duration, cercando di approfittare della tendenza a un aumento dei rendimenti, ci sembra azzardato. In primo luogo, nelle dodici settimane trascorse dal nostro ultimo outlook trimestrale, i tassi hanno evidenziato una marcata inversione di rotta: i rendimenti dello Schatz tedesco, ad esempio, sono passati dall’1,20% allo 0,20% per poi chiudere il mese sopra l’1,50%. In secondo luogo, l’analisi approfondita che abbiamo condotto per gli ultimi incontri trimestrali del team Global Macro indica che dovremmo aspettarci una svolta, anche se non subito.

D’altro canto, l’utilizzo di quadri analitici storici per identificare quando le curve dei rendimenti si sono invertite al punto tale da rendere asimmetriche le prospettive per le curve stesse rimane a nostro avviso un approccio molto più vantaggioso in termini di rischio/rendimento.

Le curve dei rendimenti hanno la tendenza ciclica a far ritorno verso la media nel tempo, tanto nei periodi di inflazione elevata (come quello del 1965-82) quanto in quelli di inflazione moderata (dal 1982 alla metà degli anni ’90) o bassa (dalla metà degli anni ’90 al 2020). Ciò significa che le curve dei rendimenti eccessivamente invertite finiscono per raddrizzarsi e tornare a irripidirsi. Raccomandiamo pertanto di sfruttare le marcate inversioni della curva dei Treasury USA per assumere posizioni orientate a un irripidimento, un’operazione che a nostro avviso dovrebbe generare da sola 100-150 pb di alpha nel primo semestre 2023. A fronte di questo, vediamo ancora spazio per un appiattimento delle curve in EUR.

Asset allocation nel reddito fisso

Come abbiamo detto lo scorso trimestre, riteniamo che gli spread high yield non scontino ancora una possibile recessione. Da allora, i mercati del credito hanno tentato un rally estivo a luglio e a inizio agosto, nella speranza di una svolta accomodante della Fed in autunno. Quel rialzo ci è sembrato fuori luogo e ne abbiamo approfittato per alleggerire l’esposizione. Da metà agosto gli spread hanno iniziato ad allargarsi.

Quest’anno i mercati del credito sono diventati senz’altro più convenienti, ma solo rispetto ai livelli estremamente costosi raggiunti dopo il 2008. Il risultato è che l’option-adjusted spread sui titoli BBB in USD, l’asset-swap spread sui titoli BBB in EUR e gli spread dei mercati high yield si collocano intorno alla media dell’ultimo quarto di secolo (o su livelli ancora più ristretti). Se la storia insegna qualcosa, il valore medio degli spread non offre il giusto livello di remunerazione per una recessione.

In un’ottica futura, le speranze di un’inversione di tendenza ci sembrano eccessivamente ottimistiche, considerando le prospettive della politica monetaria, i fattori che imprimono una svolta ai mercati del credito e le possibilità relativamente esigue che ravvisiamo per una politica fiscale che cambi le carte in tavola. Solo gli spread swap in EUR si attestano su livelli di recessione o di crisi.

C’è da tener conto, poi, della sequenza degli eventi. Negli ultimi 50 anni ogni singolo picco recessivo degli spread creditizi è stato preceduto da un picco dei rendimenti dei titoli di Stato. Di solito di molti mesi o addirittura anni. Crediamo che questa volta non sarà diverso. Ci aspettiamo di osservare un duplice picco, prima dei rendimenti dei titoli di Stato e poi degli spread creditizi. Il problema è che lo sfasamento tra i due potrebbe essere di diversi mesi, e possibilmente con uno scarto di molti punti base.

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