24-02-2022 · SI Dilemmas

SI Dilemma: qual è l’impatto reale di noi investitori del mercato secondario?

L’allocazione del capitale è il core business dell’investimento. Tuttavia, quando si investe su mercati secondari,come accade spesso tra gli asset manager, il legame con l’effettiva allocazione di nuovo capitale è limitato. Ma allora: se un investimento a impatto negativo spesso è responsabilità nostra, perché siamo visti con sospetto anche quando ci attribuiamo il merito di investimenti a impatto positivo?

    Relatori

  • Masja Zandbergen-Albers - Head of Sustainability Integration

    Masja Zandbergen-Albers

    Head of Sustainability Integration

Sul mercato secondario chi vuol vendere trova sempre un acquirente, e viceversa. Possiamo influenzare i prezzi, ma la vendita o l’acquisto di azioni o obbligazioni non produce un cambiamento diretto nel mondo reale. Per contribuire a cambiarlo davvero, gli investitori hanno a disposizione numerosi altri meccanismi.

L’allocazione del capitale basata sulla performance ESG di una azienda o sul suo impatto può accrescerne il costo del capitale (il che assume importanza in fase di raccolta) o segnalare agli stakeholder che l’impresa in questione dovrebbe modificare il proprio comportamento. Purtroppo, però, non ci sono ancora molte prove empiriche a dimostrazione dell’efficacia di questo metodo.1

E poi, naturalmente, le società con costi di capitale elevati devono generare rendimenti superiori, il che potrebbe attrarre chi investe sulla base di parametri unicamente finanziari. Un’altra interessante prospettiva sull’argomento è fornita dai nostri Rendimenti Attesi a cinque anni, dove esaminiamo il potenziale impatto del clima sul prezzo delle azioni.2

Le aziende tendono a essere valutate in base ai loro modelli di liquidità. Oltre alla tesi di lungo termine, secondo cui gli alti costi di capitale delle “brown companies” generano rendimenti superiori, esiste anche una tesi di più breve termine, riferita al cosiddetto periodo di adattamento. In questo caso, vengono esaminati l’impatto sul clima e l’influenza del rischio legato al cambiamento climatico sui flussi di liquidità delle aziende nel medio termine. Secondo noi, nei prossimi cinque anni cominceremo a scontare un premio climatico positivo, con i rendimenti delle “brown companies” destinati a scendere nel corso del periodo di adattamento.

A gonfie vele

Per noi investitori la sfida è quella di ridurre l’impatto reale negativo, aumentando al contempo quello positivo. Anche se non abbiamo ancora dimostrato di poterci riuscire attraverso l’allocazione di capitale, abbiamo trovato vari modi di esercitare la nostra influenza. Ne è un esempio la nostra Tabella di marcia verso il net zero, che punta a un mondo carbon neutral entro il 2050 e mette al centro la decarbonizzazione degli asset.

Ma come appena esposto, anche se vendessimo gli asset più inquinanti, questo non significherebbe che all’improvviso il mondo emetterebbe meno carbonio. Ecco perché abbiamo aggiunto alla tabella di marcia altri elementi come la decarbonizzazione delle operazioni, che ha invece un impatto diretto e dimostra che facciamo sul serio.

Cerchiamo inoltre di accelerare la transizione, attraverso il dialogo con società e paesi. Infine, collaboriamo con gli investitori, il mondo accademico e le iniziative di settore per stabilire standard e promuovere investimenti allineati al clima. Abbiamo anche promesso di lavorare con i nostri clienti a favore della decarbonizzazione, per arrivare a coprire il 100% delle masse gestite entro il 2050.

La decarbonizzazione è davvero al centro della nostra tabella di marcia verso il net zero e tutto sta andando alla grande...

Produrre un impatto sul mercato secondario

Detto questo, un vecchio lupo di mare dell’investimento sostenibile come me si rifiuta di credere di non poter fare la differenza acquistando e vendendo titoli sul mercato secondario. In fondo, la sostenibilità sta assumendo maggiore importanza ed è sempre meno accettabile investire in determinate aree di attività, come tabacco, armi controverse, carbone.

Al contempo, alcune imprese sono diventate più appetibili agli occhi degli investitori in settori come i prodotti per l’efficienza energetica e i veicoli elettrici. Questo trasmette un chiaro segnale a chi opera in queste aree. Anche se non è un premio da sfruttare, stiamo quantomeno attraversando un periodo di transizione.

Ma c’è anche un secondo modo per generare un impatto, ossia effettuando ricerche volte ad appurare in che misura le aziende producono beni e servizi che contribuiscono direttamente ad alcune delle sfide poste dallo sviluppo sostenibile. Ci occupiamo di analizzare attentamente i nuovi modelli di business ed in che modo queste attività vengono esercitate nei mercati, paesi o regioni che altrimenti resterebbero malserviti.

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È l’innovazione a fare la differenza

Sono un esempio di innovazione le società che riducono la loro impronta riciclando. Oppure le case farmaceutiche che lavorano a modelli di prezzo basati sull’efficacia dei prodotti e che, grazie alla digitalizzazione, rendono meno costoso l’accesso alla sanità e ai medicinali anche in mercati malserviti.

Aziende del genere vanno ad alterare lo status quo. Attraverso l’investimento si fornisce loro un azionista che sostiene la loro missione e il loro orientamento di lungo termine, aiutandole a conseguire gli obiettivi finanziari e di impatto che si sono date.

Quindi, considerando fattori tanto ESG quando finanziari e aggiungendo al mix l’azionariato attivo presso società, governi e clienti, riusciamo davvero a rendere concreto il nostro impatto.

Note in calce

1Is Exclusion Effective?, David Blitz and Laurens Swinkels, The Journal of Portfolio Management Ethical Investing 2020. And Cost of Capital and Sustainability: A Literature Review, Gianfranco Gianfrate, Dirk Schoenmaker, Saara Wasama, Erasmus Platform for Sustainable Value Creation,
2Rendimenti attesi a 5 anni, “Gli anni Struggenti: la situazione si sta scaldando”