05-08-2021 · Rubrica

L’editoriale “Il CO₂lumnist”: Usare la tecnica della cipolla per calcolare le emissioni nazionali

Gli investitori si basano sui dati per prendere decisioni in materia di strategie climatiche, ma calcolare le emissioni dei singoli paesi può essere difficile. Nel secondo di una serie di editoriali che trattano l’argomento con spensieratezza, Thijs Markwat, Data Scientist di Robeco, paragona questa attività a sbucciare una cipolla: si toglie uno strato alla volta (e spesso si finisce per piangere).

    Relatori

  • Thijs Markwat - Climate Data Scientist

    Thijs Markwat

    Climate Data Scientist

Nel mio precedente ruolo di ricercatore nel campo dell’investimento quantitativo, un esimio collega mi ha impartito due lezioni interessanti, che possono essere applicate a una vasta gamma di problemi e sfide:

  • Solo sbucciando gli strati di una cipolla si può vedere cosa c’è al suo interno.

  • Non si può mangiare un elefante in un unico boccone, ma solo un morso alla volta.

Entrambe le regole sono utili e importanti, ma applicate insieme diventano ancora più efficaci. Oggi userò la tecnica della cipolla, sbucciando gli strati delle emissioni di carbonio generate dai singoli paesi.

Le emissioni di carbonio di un paese possono essere rappresentate come segue: CO2=POP*GDP/POP*(CO2)/GDP

Se esaminate questa formula, vedrete che POP (popolazione) e PIL si annullano a vicenda, lasciando un’identità costituita dai termini CO2. Pertanto, vedendo questa formula per la prima volta, qualcuno potrebbe mettere in dubbio la sua utilità. Tuttavia, i tre termini sul lato destro sono uno strumento molto efficace per spiegare e prevedere le emissioni dei paesi.

Il primo termine è la popolazione, che presenta un’evidente relazione positiva con le emissioni di carbonio. Il secondo termine è il benessere economico (“affluence”) e approssima la ricchezza del paese in termini di PIL pro capite. In generale, una maggiore attività economica si traduce in maggiori emissioni. L’ultimo termine rappresenta lo stato delle tecnologie verdi di un paese, misurato dalle emissioni per unità di PIL. Ovviamente, quanto migliore è lo stato della tecnologia, tanto minori sono le emissioni.

Nel 2019, le emissioni aggregate degli Stati Uniti si sono attestate a circa 5.100 milioni di tonnellate di CO2, mentre quelle della Cina a circa 11.500 milioni di tonnellate. Insieme i due paesi hanno generato quasi la metà di tutte le emissioni globali. Nella figura in basso ho scomposto la variazione percentuale cumulativa delle emissioni di CO2 di questi due paesi a partire dal 1990.1

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Le emissioni totali degli Stati Uniti nel 2019 sono superiori di appena l’1% al livello del 1990. La crescita della popolazione (+29%) e il benessere economico (+49%) sono compensati dai progressi nelle tecnologie verdi (-77%). Diverso è il quadro che emerge dall’analisi della Cina, dove le emissioni di carbonio sono aumentate del 380%, soprattutto a causa della crescente ricchezza del paese (+624%).

Tra il 2000 e il 2010 l’incremento delle emissioni è stato particolarmente pronunciato, poiché l’aumento dovuto alla crescita della ricchezza non era stato ancora compensato dalle innovazioni tecnologiche. È solo dal 2010 che il progresso nel campo delle tecnologie verdi è diventato più efficace, riducendo il tasso di crescita delle emissioni.

Prevedere le emissioni future può essere un’impresa ardua. Scomporre le emissioni in queste componenti potrebbe essere comunque utile. Ad esempio, sulla popolazione si possono formulare proiezioni ragionevolmente accurate, la possibile disponibilità di determinate tecnologie verdi può essere presa in considerazione, e la crescita della ricchezza di taluni paesi in via di sviluppo non può durare per sempre.

Pertanto, effettuando previsioni sulle diverse componenti, si può ottenere un’indicazione in merito alla crescita futura delle emissioni di un paese.

Nota in calce

1Per attribuire la variazione totale alle singole componenti ho usato un approccio additivo LDMI (Logarithmic Mean Divisia Index approach).