Siamo a un punto di svolta
Il team Multi-Asset di Robeco ha appena pubblicato il suo ultimo outlook quinquennale, Rendimenti attesi a 5 anni, intitolato “L’era della confusione”. Il documento riflette sui numerosi punti di svolta ciclici, secolari e geopolitici con cui ci troviamo alle prese in quanto operatori di mercato. Il team Credit concorda con questa valutazione.
Un esempio è dato dal fatto che le catene di approvvigionamento globali funzionino solo in tempo di pace. “Eurussia” si è inceppata e “Chimerica”, la più grande relazione bilaterale del mondo, va monitorata con attenzione. La teoria delle aspettative commerciali ci dice che il commercio si basa sulla fiducia. Adesso stiamo entrando in una fase di deglobalizzazione o, come preferisce chiamarla il team Global Macro, di ri-globalizzazione secondo le linee delle nuove alleanze militari che si vanno delineando.
Questi trend secolari si sovrappongono a trend ciclici in cui le banche centrali continuano a portare avanti la loro guerra contro l’inflazione. “Per il momento prendiamo per buono quanto sostenuto dalle autorità monetarie, ossia che sia necessario causare sofferenza all’economia per riportare l’inflazione (attesa) in linea con il target, sorvolando quindi su un eventuale doppio mandato”, afferma Victor Verberk, Corresponsabile del team Credit di Robeco.
“Questo significa che si attendono ulteriori ripercussioni negative dalla recessione in termini di utili, investimenti, default sui leveraged loan e volatilità di mercato in generale. Le valutazioni sono calate, ma in misura non abbastanza generalizzata.”
Servono ulteriori prove del fatto che i mercati stiano prezzando una chiara recessione. A livello tecnico, le banche centrali effettueranno ulteriori rialzi dei tassi e in molti casi il QT deve ancora cominciare. Nel complesso, abbiamo posticipato leggermente la nostra previsione del punto di minimo del ciclo economico alla fine di quest’anno.
Fino a che punto si potrebbero spingere le banche centrali?
Negli ultimi dieci anni circa le autorità politiche hanno commesso errori madornali nel formulare previsioni sui trend di crescita o di inflazione. Abbiamo vissuto un decennio di inflazione quasi nulla e di quantitative easing, che ha provocato un marcato rialzo dei prezzi delle attività finanziarie. Poi è circolata l’idea che l’inflazione sarebbe stata transitoria.
Adesso siamo entrati in una fase in cui le banche centrali temono che l’inflazione possa radicarsi nell’economia attraverso gli aumenti dei salari e il pricing power delle imprese. Questo ci dice quanto sia intrinsecamente difficile fare previsioni sull’inflazione, ma anche quanto sia complicato gestirla. Ciò significa che non sono da escludersi errori di policy.
Le autorità monetarie ritengono di dover causare sofferenza all’economia, dal lato della domanda, per raffreddare le aspettative d’inflazione. Abbiamo effettuato un’analisi storica per ottenere indicazioni su quale potrebbe essere la natura di questa sofferenza e su cosa potremmo scoprire riguardo ai tempi e possibilmente all’entità della prossima recessione. Riportiamo alcuni dei numerosi esempi che abbiamo esaminato.
Alla ricerca di indizi sulla nostra posizione nel ciclo
In primo luogo, la storia ci insegna che quando l’indice ISM scende da 60 a 50 gli spread tendono ad allargarsi. Solo quando la recessione diventa conclamata – in genere una volta che gli indici ISM e PMI scendono sotto quota 47-48 – la contrazione viene di solito scontata dai mercati. Se gli indici ISM o PMI offrono valide indicazioni anche stavolta, non siamo ancora arrivati a questo punto.
In secondo luogo, la crescita degli occupati tende in media a calare sotto le 200.000 unità alla fine del ciclo di inasprimento. L’economia statunitense è ancora ampiamente al di sopra di questo livello.
In terzo luogo, le condizioni finanziarie mediane durante le recessioni del passato sono state molto più rigide di quelle attuali. Sulla base di questa metrica, l’impatto sui tassi, sui prezzi del petrolio e sui mercati azionari non è ancora terminato.
Quarto, le componenti vischiose dell’inflazione, come gli affitti, evidenziano ancora una tendenza al rialzo. Inoltre, l’indicatore dei salari della Fed di Atlanta non dà ancora cenni di moderazione.
La nostra conclusione generale è che, in termini di ciclo economico, non siamo ancora a un punto di svolta secondo la maggior parte dei parametri.
C’è poi il ciclo di mercato. Storicamente, le fasi ribassiste dei mercati del credito associate alle recessioni durano almeno 1,5 anni. Finora siamo arrivati solo a nove mesi. Inoltre, di solito gli spread registrano un aumento di almeno 150 punti base (pb), mentre a oggi si sono ampliati di meno della metà.
È impossibile sapere con precisione quando arriveremo alla fine del ciclo di inasprimento.
“Sappiamo però che storicamente i tassi d’interesse raggiungono un picco prima degli spread creditizi. Sappiamo anche che il picco dei tassi d’interesse coincide in media, più o meno, con il penultimo rialzo dei tassi”, ha osservato Jamie Stuttard, Credit Strategist di Robeco. “Sulla base di questo quadro, la nostra conclusione è che il picco dei tassi potrebbe arrivare intorno a novembre o dicembre di quest’anno.”
In questo trimestre abbiamo dedicato poco tempo alla Cina. È evidente che non possiamo aspettarci che la vecchia locomotiva dell’economia globale faccia il suo lavoro anche questa volta. Nutriamo serie preoccupazioni, ad esempio, riguardo alle aspettative di crescita, ai livelli di debito e all’altissima disoccupazione giovanile. Inoltre, le restrizioni economiche causate dalle politiche anti-Covid non sono d’aiuto.
Non vogliamo sembrare troppo pessimisti, ma al contempo dobbiamo avere ancora pazienza e aspettare che il ciclo del credito entri nella fase conclusiva.
“Ci sono alcuni rischi di coda positivi che potrebbero modificare lo scenario di base”, rileva Verberk. “In primo luogo, una fine inaspettata della guerra in Ucraina o della recessione stessa potrebbero far calare ancora di molto il prezzo del petrolio. Questo sviluppo avrebbe implicazioni favorevoli per l’inflazione e per la crescita e potrebbe dare alla Fed un buon motivo per sospendere i rialzi. In secondo luogo, il pricing power delle imprese potrebbe rivelarsi più robusto del previsto, con ricadute positive sulla salute finanziaria delle aziende stesse. Tutto considerato, crediamo di non aver ancora assistito a tutte le fasi del mercato ribassista, ma che ci stiamo avviando lentamente verso la fine.”
Le valutazioni stanno diventando più interessanti
Una nota di ottimismo è data dal netto miglioramento delle valutazioni favorito dalla dolorosa correlazione positiva tra credito, titoli di Stato e azioni registrata dall’inizio del 2022. Il tipico fondo bilanciato 60/40 ha subito una perdita del 18% e i mercati obbligazionari hanno accusato il peggior ribasso in termini di rendimento totale da molti anni a questa parte. Il rovescio della medaglia è che le valutazioni hanno iniziato a muoversi verso livelli più interessanti.
Siamo molto ottimisti sugli swap spread europei. In termini di valore relativo, si tratta del segmento di mercato più conveniente su base corretta per il rischio rispetto al proprio passato. Ciò è dovuto alla scarsità di Bund e alle condizioni molto tese sui mercati dei pronti contro termine, che sono a loro volta uno dei tanti effetti collaterali del QE.
Questo significa che gli spread creditizi europei sono diventati più convenienti di quelli statunitensi se l’investitore ha come benchmark i titoli di Stato. Il risultato è che il credito investment grade di alta qualità, come i covered bond o i titoli di agenzie, è diventato estremamente interessante. Sulla base di metriche quali l’asset-swap-spread o lo spread-over-swap, gli spread creditizi non sembrano ancora convenienti. L’avvio di un programma di QT (“quantitative tightening”) da parte della BCE nei prossimi mesi potrebbe alleviare in parte la scarsità di Bund.
Per l’high yield statunitense, l’option-adjusted spread (OAS) si è attestato storicamente in media a 540 pb. Oggi siamo vicini a tale valore, ma spesso durante le recessioni gli spread superano di due volte questo livello. Attualmente gli spread non riflettono un premio per l’aumento dei tassi di default o altri premi al rischio inattesi. Tuttavia, con l’indebolimento dei mercati, entreremo probabilmente in una fase in cui gli extra-rendimenti su un orizzonte di 12 mesi diventano positivi.
Durante una recessione gli spread investment grade statunitensi tendono ad ampliarsi fino a superare i 200 punti base. Non siamo ancora a quel punto, poiché i differenziali si collocano al momento intorno a 150 pb. In Europa, gli spread si sono ulteriormente allargati a causa dello swap spread, ma essenzialmente il premio per il rischio di credito anziché per il rischio di liquidità non è ancora tale da giustificare una posizione lunga sul beta rispetto all’indice.
Abbiamo esaminato anche, come riferimento, gli utili e le valutazioni azionarie. Ecco qualche fatto. In primo luogo, il 50% dei componenti del NASDAQ è in calo di oltre il 50%. In secondo luogo, stando al rapporto prezzo/fatturato, i titoli fintech globali sono stati probabilmente ipervenduti. Terzo, i titoli FAANG (con modelli di business e cash flow reali) hanno ceduto a oggi dal 30% al 70% rispetto al picco. Infine, le azioni cicliche/value europee si attestano su livelli di ipervenduto senza precedenti rispetto ai titoli difensivi. È chiaro che gli asset a lunga duration hanno subito un duro colpo e che una recessione è adesso in una certa misura scontata nelle quotazioni.
Ciclo di mercato | Mappatura della nostra valutazione sui segmenti di mercato

Fonte: Robeco, settembre 2022
Non opporsi alla Fed o a qualsiasi altra banca centrale
Il ritiro della liquidità da parte delle banche centrali è ancora il fattore trainante dei mercati. Le performance di azioni e obbligazioni rimangono correlate alle variazioni dei bilanci aggregati dei principali istituti di emissione mondiali. Il passaggio dal QE al QT comporta una significativa deflazione dei prezzi degli asset.
Dato il messaggio molto chiaro delle autorità monetarie, che considerano prioritario riportare l’inflazione in linea con il target, non crediamo che un programma di QE possa salvare il mercato in tempi brevi; dobbiamo invece aspettarci una maggiore volatilità.
Mancano ancora alcuni mesi al penultimo rialzo dei tassi; inoltre, una volta che questi si saranno stabilizzati, la storia insegna che potremmo prima andare incontro a un periodo di calo dei rendimenti e di aumento degli spread.
Nell’era della confusione, imparare dalla storia
L’era della confusione è iniziata. I punti di svolta del ciclo economico, il ciclo monetario e alcuni cicli secolari legati alle dinamiche demografiche (si prospetta una carenza permanente di manodopera?) e alla geopolitica rendono confusa l’analisi del periodo che stiamo vivendo.
Sander Bus, Corresponsabile del team Robeco Credit, conclude: “Per il momento crediamo che, se la storia ci insegna qualcosa, è che il ciclo economico deve proseguire ancora per un po’, che sussiste il rischio di una reazione eccessiva delle banche centrali e che il mercato nel suo insieme non sconta ancora una recessione conclamata. Siamo consapevoli dell’ampliamento degli spread e in alcuni segmenti del mercato abbiamo iniziato ad acquistare, ma è prudente avere ancora un po’ di pazienza prima di assumere una posizione lunga sul beta.”