La Reserve Bank of Australia e la Reserve Bank of New Zealand hanno già tagliato i tassi, e ci aspettiamo che la Fed segua presto le loro orme. Se le banche centrali non prestano ascolto, il mercato le costringerà probabilmente ad agire.
Dopo l’inversione di rotta sull’atteso rialzo dei tassi in Europa e negli ultimi mesi in Giappone, gli Stati Uniti e l’area del dollaro sono essenzialmente gli unici mercati dei titoli di Stato dei paesi sviluppati che offrono ancora rendimenti positivi. Ciò crea un contesto in cui un aumento dei rendimenti delle emissioni sovrane sarà visto probabilmente come un’opportunità d’acquisto, il che ci rende ottimisti sulla duration.
La Fed ha due scelte: ridurre i tassi subito per soddisfare le attese (con un taglio di 50 pb in un’unica soluzione o due tagli da 25 pb a giugno e a luglio) oppure aspettare e rischiare un inasprimento delle condizioni finanziarie con una correzione degli asset rischiosi. L’attuale Fed appare meno in sintonia con i mercati rispetto ai suoi precessori, per cui c’è il rischio che possa restare “dietro la curva”. Questo, tuttavia, non è il nostro scenario di riferimento. Noi crediamo che la Fed abbia tratto le dovute conseguenze dall’episodio di dicembre e che abbasserà i tassi senza esitare. In caso contrario, dovrà probabilmente ridurli di più in seguito.
Nel corso dell’ultima riunione il presidente della BCE Mario Draghi ha inviato un messaggio dai toni accomodanti, che però non ha soddisfatto pienamente le attese degli investitori.
Dopo la conferenza i mercati hanno scontato di circa 3 pb i tassi. A nostro parere ha senso che i mercati continuino a scontare una riduzione di tassi di 10 pb con una probabilità di almeno il 50% entro fine anno. Crediamo che l’ostacolo a una riduzione dei tassi sia inferiore rispetto ad una ripresa del QE, il che diventerebbe ancora più probabile nel caso di una recessione generalizzata. A nostro avviso un taglio dei tassi sarebbe verosimilmente accompagnato da misure volte a mitigare gli effetti collaterali dei tassi d’interesse negativi sul sistema bancario, come un sistema di tassi a scaglioni sulle riserve in deposito presso la BCE.
L’espansione monetaria attuata in Cina dall’inizio dell’anno sembra essere stata essenzialmente mirata ad allentare le condizioni finanziarie per le imprese private e le piccole aziende. Mentre i mercati scontano condizioni pressoché invariate sul mercato dei pronti contro termine interbancari nel corso del prossimo anno, noi crediamo che i rischi siano orientati al ribasso. In questo contesto rimaniamo posizionati in vista di un ulteriore indebolimento del CNY, che, nonostante il recente ampliamento dei differenziali di interesse, si è mantenuto intorno a quota 6,90 sull’USD.
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