Una possibilità è una traiettoria di ripresa a U che si manifesterà nel corso del 2020 e all’inizio del 2021. Questa previsione è sostenuta dalla scarsa visibilità sull’efficacia delle politiche non convenzionali. Inoltre, le interruzioni delle filiere produttive potrebbero essere aggravate dai default nei settori a monte se il calo della domanda dovesse accentuarsi a causa di un prolungamento delle misure di contenimento o di distanziamento sociale.
Data la massiccia riallocazione delle risorse, non sarà facile riavviare l’economia una volta che il distanziamento sociale non sarà più necessario. Le indennità erogate nel frattempo a disoccupati e piccoli imprenditori non sostituiscono quel reddito regolare che può essere usato per i consumi discrezionali, il che riduce gli effetti del moltiplicatore delle politiche di stimolo.
Una ripresa a “V” (ipotesi ottimistica) o a “L” (ipotesi pessimistica) sono entrambi rischi estremi non trascurabili in questa prospettiva. Nello scenario a “V”, le misure di stimolo fiscale e monetario tempestive, mirate e significative impediscono una forte impennata della disoccupazione, limitando le ricadute sulla domanda dal lato dei consumi. Grazie a una base di consumatori più resiliente, agli impatti limitati sulla ricchezza delle famiglie e sui prezzi delle abitazioni, gli effetti moltiplicatori dello stimolo fiscale sono piuttosto elevati. Tuttavia, data l’entità dello shock senza precedenti che si è abbattuto sull’economia mondiale, questo scenario è a nostro avviso un pio desiderio.
Nello scenario a “L”, lo shock esterno è amplificato da shock endogeni che si propagano a cascata attraverso l’economia. Una crisi finanziaria emerge in conseguenza ad un calo senza precedenti dei profitti delle imprese e del reddito delle famiglie che i governi non riescono a colmare senza mettere a repentaglio la sostenibilità del debito. Gli spread creditizi/dei mutui registrano un ulteriore ampliamento, e i successivi fallimenti sono seguiti da un ciclo prolungato di riduzione della leva finanziaria. Tuttavia, ciò può essere evitato se lo stimolo fiscale è sufficiente ad evitare che la recessione diventi un rallentamento permanente. Il mio ragionamento è spiegato più dettagliatamente in seguito.
La nave che “non poteva affondare”
Possiamo fare un parallelo tra l’arrivo inatteso del coronavirus e una famosa nave che più di un secolo fa era considerata inaffondabile. Il 15 aprile 1912 il Titanic entrò in collisione a tutta velocità con un iceberg, provocando un’enorme perdita di vite umane. Il suo capitano, Edward J. Smith, aveva detto nel 1907 che “non poteva immaginare alcuna condizione che potesse causare il naufragio di una nave. La cantieristica moderna è andata oltre.” Smith fu una delle 1500 persone che perirono a bordo dello sfortunato transatlantico in quella tragica notte. A volte succedono cose inimmaginabili.
Pochi osservatori hanno visto il disastro umano sopraggiungere alla fine del 2019 e hanno correttamente previsto l’impatto del coronavirus sulla società e sull’economia globale all’inizio del 2020. Al 27 marzo il Covid-19 aveva infettato 550.536 persone in tutto il mondo e causato almeno 24.904 decessi. L’ex presidente della Fed Ben Bernanke, un autorevole studioso della Grande Depressione, ha dichiarato che stiamo vivendo qualcosa di molto più simile a un’imponente tempesta di neve o ad un disastro naturale che non a una classica depressione stile anni ’30. Bernanke ha ragione: questa non è certo una tipica recessione. È un fenomeno completamente diverso, e quindi particolarmente snervante.
Neanche i modelli economici l’avevano previsto. Un indicatore del ciclo economico che è stato in grado di prevedere le passate recessioni statunitensi con una precisione del 90% era appena tornato in modalità “piena espansione” a febbraio, evidenziando una reflazione (crescita del PIL nuovamente in linea con il trend). In precedenza l’indicatore aveva segnalato un’espansione in rallentamento per 18 mesi consecutivi. Ironia della sorte, il tanto atteso “via libera” del modello si è dimostrato essere la quiete prima della tempesta.
Racconto di due scenari
Nell’Outlook 2020 di Robeco, “Racconto di due scenari”, avevamo accennato alla possibilità che si manifestasse il peggiore degli scenari. Pubblicato nel novembre 2019, il documento affermava: “Il peggiore degli scenari avrebbe un impatto così grande che sarebbe imprudente ignorarlo completamente. Se la situazione volge al peggio, i mercati azionari potrebbero subire una flessione superiore al 20%.” La situazione ha preso davvero una brutta piega, ma non nel modo che ci aspettavamo.
Questa volta non c’è stato un eccessivo inasprimento da parte delle banche centrali, né il progressivo accumularsi di piccoli squilibri nell’economia fino a creare qualcosa di abbastanza consistente da provocare una tipica recessione. L’adozione deliberata di misure di contenimento per evitare l’aggravarsi di una crisi sanitaria si discosta notevolmente dal classico copione di una recessione.
L’incertezza senza precedenti è dimostrata dalla più rapida entrata delle azioni in territorio ribassista registrata dal 1929. L’eccezionale volatilità dei mercati di oggi è un riflesso dell’eccezionale volatilità macroeconomica di domani.
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Ridurre il danno
A seguito delle misure di contenimento e distanziamento sociale adottate dai governi di tutto il mondo per appiattire la curva dei nuovi casi di Covid-19, l’espansione economica più lunga dal secondo dopoguerra ha subito una battuta d’arresto. L’entità dei danni all’economia globale dipenderà in larga misura dall’evoluzione della pandemia, dalla durata e dall’efficacia delle misure di distanziamento sociale prese per mitigare la crisi sanitaria, nonché dal successo delle misure politiche volte ad attenuare l’impatto economico.
Alberghi, ristoranti e compagnie aeree sono stati i primi ad essere duramente colpiti, poiché la vita sociale offline si è fermata. Come in tutte le crisi ci sono anche i vincitori, ad esempio nel settore dei beni di prima necessità. A questo punto siamo in grado di vedere solo la punta dell’iceberg, data la mancanza di dati macroeconomici concreti che indichino quando le misure di distanziamento sociale hanno avuto effetto. Tuttavia, i primi segnali sono scioccanti. La scorsa settimana le richieste di indennità di disoccupazione negli Stati Uniti sono balzate a 3,3 milioni, superando nettamente i picchi registrati durante qualsiasi altra recessione dal secondo dopoguerra.
Due cigni neri
Non è stato solo il coronavirus ad aver sollevato la minaccia di una recessione. Quando la gravità dell’epidemia ha cominciato a manifestarsi, era già in atto una guerra sui prezzi del petrolio. L’economia globale si è trovata quindi a fronteggiare gli effetti di due cigni neri destinati a rafforzarsi reciprocamente: l’Arabia Saudita che massimizza la produzione per guadagnare quote di mercato dopo il fallimento dei colloqui con la Russia sui tagli alla produzione congiunta, e il distanziamento sociale necessario per appiattire la curva del Covid-19, che aggrava l’impatto dello shock dell’offerta di petrolio con il rallentamento della mobilità.
Dato l’impatto cumulativo di questi due shock esogeni, l’interrogativo è se l’economia reale e il sistema finanziario saranno in grado di assorbire completamente l’emergenza del coronavirus, o se lasceranno che sia amplificata da un successivo shock endogeno dovuto all’emergere delle vulnerabilità preesistenti nel sistema economico. Tra queste figurano l’elevato indebitamento delle imprese non finanziarie statunitensi, la debole qualità dei covenant nei mercati del credito e la crescente disuguaglianza economica.
In contrasto con la crisi finanziaria globale, le banche sono ora adeguatamente patrimonializzate e potrebbero fungere da ammortizzatori anziché da amplificatori. In questo modo si eviterebbe un effetto di retroazione negativo dal sistema finanziario all’economia reale. Tuttavia, il fatto che il Ted spread – un indicatore chiave del rischio di credito percepito nel mercato interbancario – continui ad aumentare è tutt’altro che rassicurante sotto questo aspetto.
The Eurozone last experienced a recession in 2012.

L’eurozona ha vissuto l’ultima recessione nel 2012.
Risposta politica incisiva
La recessione globale che scaturirà probabilmente dalle misure di contenimento potrebbe essere la più grave del secondo dopoguerra, ed è per questo che la risposta politica deve essere la più incisiva dalla Grande Depressione. Dati gli scarsi margini di manovra per le politiche convenzionali – i tassi d’interesse hanno ormai raggiunto la soglia minima effettiva nella maggior parte delle economie avanzate – le autorità stanno già spianando la strada a misure non convenzionali. Ciò comprende la riduzione delle riserve anticicliche delle banche per mantenere il flusso di credito all’economia reale, nonché l’erogazione di liquidità di emergenza e di sussidi salariali alle imprese per mantenere i lavoratori occupati.
La BCE ha adottato provvedimenti coraggiosi attraverso l’impegno ad incrementare gli acquisti di titoli per 750 miliardi di euro e l’eliminazione del limite relativo agli emittenti, che consentendo alla banca centrale di acquistare oltre un terzo delle obbligazioni idonee di un paese. Chi l’avrebbe mai detto che il Bundestag in Germania avrebbe approvato un pacchetto di stimolo da 750 miliardi di euro e avrebbe di fatto abbandonato la sua politica di “schwarze Null”, vale a dire di bilancio in pareggio?
La maggior parte dei governi delle economie avanzate ha reagito in modo relativamente rapido, attuando misure fiscali mirate del valore pari a circa il 2% del PIL. È probabile che ne seguiranno altre quando la vera gravità di questa recessione globale diventerà evidente.